La storia di Fabrizio Callarà: come è diventato il broker più innovativo d’Italia

12 Dicembre, 2013

 

 

Continua il nostro ciclo di racconti di persone e imprenditori del settore assicurativo che con i loro progetti innovativi o la loro attività stanno cambiando il volto del mercato.

Oggi intervistiamo un vero “pezzo da novanta” del settore del brokeraggio assicurativo. Una persona molto conosciuta e che a buon motivo può essere definito come uno dei broker più innovativi – in termini di modello di business -  del settore di questi ultimi anni: Fabrizio Callarà di AEC.

Gli abbiamo chiesto come la sua avventura professionale è partita e quali cambiamenti vede nel settore e su cosa scommettere nei prossimi anni.

 

Come sei entrato nel settore assicurativo? E perché hai scelto proprio questo settore?

La mia esperienza nel settore assicurativo comincia. Nel 1992, quando ebbi l’occasione di partecipare ad una selezione delle Assicurazioni Generali che cercava giovani da inserire nell’organizzazione commerciale. Conoscevo allora il settore assicurativo soltanto indirettamente, anche tramite la conoscenza di un mio compagno di scuola, figlio dell’allora Agente Generale di INA Assitalia Forze Armate e Polizia. Ai miei occhi da giovane senza alcuna esperienza familiare nel settore, ciò mi appariva un esempio di successo con grandi possibilità di sviluppo per il futuro.

Ho risposto con entusiasmo a quell’annuncio e mi sono fatto coinvolgere. Devo dire che l’esperienza in Generali mi diede, sin dal primo giorno, la sensazione di lavorare per un operatore leader del mercato italiano anche se la mia attività si limitata al ramo vita.

Ricordo ancora il mio primo giorno di lavoro presso la sede storica di Roma delle Assicurazioni Generali in Piazza Venezia 11, l’edificio più rappresentativo delle Assicurazioni Generali voluto da Marco Besso nei primi del novecento. Potete immaginare cosa potesse rappresentare tale esperienza per un giovane che entrava nel mondo del lavoro. Quell’esperienza è stata molto formativa, un’ottima scuola di vendita che rimane nel mio bagaglio di formazione professionale.

Inserito, al termine del training, in un ispettorato territoriale di Roma, di quegli anni ricordo l’ambiente molto competitivo, come ci può essere soltanto all’interno di una Direzione Vendite.

Reputo questa esperienza iniziale una bella occasione ma limitata al ramo vita e alla vendita cui ho affiancato un corso che mi ha portato a superare l’esame per l’iscrizione dell’allora “albo agenti”.

Dopo una breve esperienza presso un’agenzia generale di Roma della medesima compagnia, in quel periodo tra le più importanti in Italia, scopro i rami danni e comincio a vedere anche prodotti di tipo diverso, clienti quali aziende ed enti pubblici. Questa agenzia generale gestiva, per intendersi, clienti come IRITECNA e Autostrade. Vedo in quel momento, da una parte l’attività di intermediario come imprenditore, ma dall’altro anche la standardizzazione in termini di prodotti offerti per la copertura dei rischi retail nel ruolo di agente monomandatario.

Conobbi nel 1994 l’allora presidente dell’AIBA, Paolo Buttarelli, pochi mesi dopo l’emanazione della prima legge Merloni che nacque con l’intenzione di moralizzare il settore degli appalti pubblici, allora fortemente contaminato dal fenomeno delle tangenti in piena Tangentopoli. La legge Merloni aveva come obiettivo quello di dividere l’attività di progettazione da quella di esecuzione, vietando le varianti in corso d’opera ed imponendo la copertura assicurativa obbligatoria del progettista. La legge cd. Merloni, ebbe un percorso travagliato e lungo (a forza di variazioni si è arrivati ad una Merloni Quater e il regolamento di esecuzione della legge entrò in vigore soltanto nel 1999 mentre il decreto sulle polizze collegate fu emanato nel 2004 con il numero 123).

Ebbi la fortuna però di seguire l’evoluzione di questa legge sin dall’inizio ed in particolare mi interessai da vicino della copertura RC Professionale dei Progettisti di Opere Pubbliche. Dopo l’esperienza con Generali nel 1996 mi ero iscritto all’albo broker, dopo un corso per l’iscrizione all’albo tenuto da un formatore d’eccezione - Giulio Spagnoli già a capo della G.B.S. che era già allora la maggiore società di brokeraggio romana.

Nel 1999 lavoravo quale associato in un broker specializzato nel settore delle costruzioni, la AIC di Carlo Tommasi e Ermanno Cagliani allora Broker di alcune tra le maggiori Imprese di Costruzioni Generali a livello nazionale attive in tutto il mondo. In quegli anni, ho maturato un’esperienza specifica nel settore delle Costruzioni ed in particolare ho approfondito la legge Merloni, dedicandomi ai professionisti ed in particolare ai progettisti, per i quali tale legge imponeva obblighi assicurativi ai quali il mercato assicurativo italiano non offriva prodotti specifici e capacità di sottoscrizione sufficientemente ampie che, al contrario, erano reperibili sul mercato dei Lloyd’s. Nel 1999 chiudo la prima convenzione con l’OICE, l’associazione delle società di ingegneria che ci chiese di studiare un testo di polizza dedicato, appunto, alle Società di Ingegneria che tentai invano di collocare sul mercato italiano. All’epoca solo i Lloyd’s fornivano delle facility per il collocamento di questo tipo di polizze. Nel 2000 ho partecipato, come consulente dell’OICE, ai lavori della commissione ministeriale sulle Polizze Tipo Merloni del governo Amato.

Nel 2001, dopo l’entrata di AIC nell’orbita AON, costituisco con due soci AEC Underwriting dove ho trasferito il mio know how maturato in quegli anni, nonché il patrimonio di relazioni professionali e le convenzioni che avevo creato. Nel 2004 entra in vigore il decreto 123/04 che regolava le condizioni generali delle coperture assicurative per gli Appalti Pubblici ed esplode il settore della RC Professionale dei progettisti. All’epoca gli assicuratori di questo rischio erano molto pochi: c’era solo Zurigo che proponeva soluzioni per i rischi medio-piccoli, mentre AEC era specializzata nelle Società di Ingegneria ed i rischi medio-grandi.

Dalla nicchia delle società di ingegneria e delle polizze Merloni mi sono poi concentrato su coperture, come quella per gli ingegneri, architetti, tecnici dipendenti pubblici, diversificando quindi nell’area economica e giuridica e infine nelle professioni sanitarie.

Quale filo conduttore tra quegli anni e la mia esperienza quotidiana, ho sempre cercato di essere time-to-market, essere presente con nuove soluzioni sul mercato quando riscontro una carente offerta di coperture obbligatorie o quando rilevo problemi di carattere tecnico che frenano il mercato assicurativo locale. Un esempio è il settore della RCTO dei Comuni caratterizzato da una  elevata frequenza di piccoli sinistri che scoraggia gli assicuratori tradizionali che operano tramite le tradizionali strutture di Liquidazione Danni.

La soluzione di AEC mira a proporre non soltanto coperture con franchigie ad hoc proporzionate alla media dei sinistri liquidati, ma anche la liquidazione dei sinistri di minore entità tramite una società di gestione in outsourcing dei sinistri (Adjusting & Claims Service al 100% posseduta da AEC Underwriting), che offra una soluzione che allo stesso tempo sappia essere tempestiva ed economica per l’assicuratore permettendogli un abbattimento dei costi di liquidazione e gestione dei piccoli sinistri in un area di business caratterizzata tradizionalmente da alti costi di gestione amministrativa dei sinistri.

Prendendo atto che il business maggiore ci arrivava tramite i colleghi Broker, dal 2004 ho deciso di mutare l’attività operando esclusivamente quale intermediario wholesale avendo deciso di non avere più clienti diretti così da evitare il conflitto di interessi nei casi in cui un cliente si rivolgesse contemporaneamente ad AEC ed a un nostro corrispondente. Nel 2007, con la riforma del Codice delle Assicurazioni, intuii che per sviluppare l’attività di grossista era più efficace trasformarsi in “agenzia di sottoscrizione” e parallelamente mantenni una società di brokeraggio (AEC Master Broker, che nel frattempo, dal 2010, è stata accreditata come Lloyd’s Broker) per gestire le convenzioni ed i rapporti con assicuratori – prevalentemente specializzati nei rischi corporate - che non operano che strutture agenziali.

Nel frattempo il business si è fortemente diversificato. Nel 2012 l’area tecnica (che fu il nostro cavallo di battaglia con cui avevamo cominciato) rappresentava  soltanto il 30% del business attuale, il 42% è rappresentato da rischi per enti pubblici, il 18% dalle professioni economico giuridiche, il 10% l’area medica ed un 2% dai rischi della persona.

Il filo conduttore di questa rapida evoluzione e tumultuosa crescita di questi anni è stato sempre lo stesso: cercare di mettere a disposizione degli intermediari nostri corrispondenti, assicuratori non facilmente accessibili come QBE, XL, CNA, ACE che, per loro natura e struttura organizzativa, operano soltanto con pochi grandi Broker, oppure assicuratori iperspecializzati come nel caso dei Sindacati operanti nel mercato dei Lloyd’s che possono offrire prodotti non disponibili sul mercato, soluzioni di nicchia dove il mercato assicurativo non offre soluzioni.

L’altro filo conduttore è stato quello di creare una organizzazione che sappia essere time-to-market rispetto alle esigenze del mercato ed agli obblighi assicurativi. Un esempio degli ultimi anni è la copertura per i recenti obblighi assicurativi degli organismi di conciliazione dove abbiamo raccolto nei primi 6 mesi circa il 40% del mercato, per la RCTO e contrattuale degli istituti di vigilanza per l’obbligo derivante dal relativo decreto TUPS, la RC dei mediatori creditizi e agenti in attività finanziaria obbligatoria dall’ottobre 2012 per l’iscrizione all’OAM. E infine ricercare soluzioni dove è difficile reperire coperture es. la Medical Malpractice.

Ultima nata la copertura per la RC Professionale degli Autotrasportatori obbligatoria per l’attestazione di capacità finanziaria nei confronti degli enti provinciali.

 

Nel corso di questi anni hai dovuto reinventarti? Cambiare modello di business?

In questi anni abbiamo cercato di sottoscrivere rischi, piuttosto che vendere polizze “preconfezionate” dai vari assicuratori nostri partner.

Certo la concorrenza si è fatta sentire... Da un lato l’obbligo assicurativo ha infatti contribuito ad uno svilimento della qualità delle polizze offerte sul mercato nel tentativo di puntare su  un prezzo sempre più competitivo. Per i rischi obbligatori infatti, complice la crisi economica, valgono di più le logiche di vendita di prodotti di massa, i prodotti assicurativi in questi anni hanno di fatto cominciato non più ad essere intermediati, ma ad essere venduti semplicemente con il tariffario.

Abbiamo allora stretto partnership con Compagnie del cd. London Company Market per offrire al mercato soluzioni più standardizzate ed economiche rispetto a quelle dei Lloyd’s. Da un altro lato però ci tenevamo a non intaccare la nostra immagine e reputazione di unicità, offrendo comunque, con altri partner assicurativi,  condizioni concorrenziali che il resto del mercato non poteva proporre.

 

Quali scenari competitivi ritieni più probabili nel futuro sul mercato assicurativo?

Stiamo già assistendo al fenomeno delle concentrazione del mercato assicurativo italiano e di fusioni di Compagnie. Si pensi alla fusione di Unipol, Fondiaria Sai e Milano, al fatto che Toro sparisce in Generali, ecc. Questo ci lascia margini enormi di sviluppo. Sono tanti i rischi disdettati solo perché, in una fase di riorganizzazione del mercato, i rischi in facoltativo o che non rispettano le nuove guideline assuntive e che quindi non vengono presi in considerazione.

Inoltre osservo che i grandi broker si sono fatti concorrenza al ribasso non solo nelle gare per i grandi enti pubblici, ma anche per conquistare i grandi clienti corporate. C’è quindi un impoverimento massivo dei grandi broker sui grandi clienti. Mentre i medi broker  come le medie aziende in Italia, sono in grandi difficoltà nel business e nei pagamenti (si pensi ai casi di Taverna e attuali più recentemente di GPA o al fallimento di Intermedia Broker, la società di brokeraggio di Giovanni Consorte ex AD di Unipol).

I grandi broker si sono buttati sull’affinity, ad es. quanto è avvenuto per i notai, proponendo una copertura unica per tutti gli iscritti all’ordine, tagliando così fuori gli altri broker, o stringendo dei forti rapporti con gli assicuratori, stringendo convenzioni con i consigli e gli ordini nazionali a condizioni molto competitive.

Nonostante abbiano questa grande forza contrattuale, i grandi broker propongono poi le loro polizze agli iscritti agli ordini tramite dei semplici portali. In questo scenario così dipinto la nostra forza, è invece rappresentata dai nostri 850 corrispondenti su tutto il territorio che con i loro contatti personali sono più forti di ogni portale web. La nostra capacità di distinguerci sta  proprio in un costante servizio a livello locale e nella ricerca continua di nicchie in un mercato saturo. L’evoluzione verso nuove nicchie richiede una grande attenzione ai cambiamenti del mercato e noi dell’AEC agiamo come delle “antenne sintonizzate” a comprendere ciò che succede.

 

Quali linee di rischio sono più promettenti oggi e quali lo saranno in futuro?

Per quanto riguarda la RC Generale, credo sia molto interessante quella relativa ai Comuni o agli Istituti di Vigilanza ed ai grandi rischi in facoltativo (ad es RC delle associazioni di cacciatori). Se si fa una buona selezione del rischio, ed una attenta attività di underwriting esistono ancora buoni margini.

Sulla RC Professionale si deve invece investire massicciamente su sistemi informatici. Non è più possibile fare underwriting, sulla base di analisi e selezione dei rischi, come si faceva una volta. Bisogna proporre dei prodotti standard personalizzati in linea con le evoluzioni normative e prodotti limitati soltanto in quei settori che hanno andamenti fortemente negativi.

 

Quali sono le sfide di domani per i broker? E quelle per gli agenti?

La prima sfida è la necessità di specializzarsi.

Credo poi che il tailor–made nel brokeraggio dei rischi per le PMI  sia un approccio che ormai sta finendo. Ci sono sempre meno Compagnie sul mercato e le Direzioni delle Compagnie sono sempre meno disponibili a modificare i testi di polizza per adeguarli alle esigenze delle singole aziende. Questo determina un grande problema per i broker  abituati a offrire un servizio personalizzato per tale target di clienti. Il broker generalista in questo contesto ha perso competitività e soprattutto al nord diminuiscono drammaticamente le provvigioni e aumentano i costi. Tutti cercano di ripiegare sulle cd. facility cioè accordi con assicuratori disponibili ad offrire coperture estremamente ampie e condizioni tariffarie aggressive in cambio di un consistente volume di rischi e di premi.

Gli agenti rispetto ai broker hanno maggiori possibilità perché invece operano su rischi retail, ma solo se sapranno selezionare le compagnie più attente e competitive per tale target.

Gli operatori di nicchia e i grossisti, invece, sono quelli che credo avranno maggiori possibilità di sviluppo solo se sapranno organizzarsi in modo completamente diverso dal passato.

 

Parliamo della vostra rete distributiva: quale tipo di intermediario, in base alla Sua esperienza, è più redditizio e contribuisce di più al vostro sviluppo? Come li gestisce e come motiva la Sua squadra commerciale per raggiungere gli obiettivi della società? 

Per la nostra società la produzione tramite i broker rappresenta l’80%, se parliamo di clienti, invece gli Enti Pubblici rappresentano il 45%. Sulla base della nuova normativa gli agenti sono adesso più liberi, ma un blocco psicologico e organizzativo gli impedisce di svilupparsi con logiche completamente indipendenti dalle loro mandanti. Molti agenti cercano un contatto  soltanto quando hanno un caso disperato da risolvere e spesso è un rischio antiselettivo.

Tra gli obiettivi che ci poniamo c’è la presentazione di  soluzioni innovative, si pensi ad esempio alle polizze CPI per le PMI e anche ai leasing (strumento molto utilizzato dalle PMI); cerchiamo inoltre di aprire nuovi canali con Compagnie innovative come ad esempio la Nationale Suisse per prodotti assicurativi specifici rivolti a persone molto facoltose ovvero gli high net worth individual.

 

Come utilizza i social networks? Sono importanti per un broker? quali contenuti interessano di più la Sua rete e i suoi clienti? 

AEC, nel quadro di una filosofia volta al costante ampliamento della propria offerta comunicativa, utilizza i principali social network, quali FacebookTwitterLinkedinSlideShare e Youtube. Una scelta fatta ormai più di due anni fa, e che si è rivelata giusta sin dall’inizio. Infatti, dall’arrivo di AEC su Facebook, in poche settimane, gli utenti collegati alla nostra pagina (i cosiddetti ‘fan’) sono diventati più di 3.000, continuando a crescere quotidianamente. Consideriamo strategico il perseguire uno stile di comunicazione al passo con i tempi, e quindi sempre più dinamico, veloce e giovane. E’ per questo che non possiamo trascurare l’enorme potenziale di questi mezzi per comunicare il nostro business.

Analogo discorso vale per il mondo degli smartphone e dei tablet, supporti oggi sempre più diffusi. AEC ha lanciato l’anno scorso AEC Risk App, applicazione gratuita per iPad e iPhone in grado di delineare la copertura assicurativa ideale per ogni profilo professionale. Con quest’app il Gruppo AEC offre una consulenza gratuita a tutti i professionisti che, rispondendo a delle semplici domande, ottengono un check-up completo, a seguito del quale vengono consigliate le coperture assicurative necessarie per svolgere serenamente la propria professione.

Tramite geolocalizzazione è possibile sapere quanto dista il più vicino tra i 700 Corrispondenti AEC in grado di fornire ogni tipo di assistenza: è sufficiente inserire i propri recapiti per essere prontamente ricontattati. L’obiettivo di AEC, come grossista senza rapporti con clienti diretti, è quello di incrementare il numero di contatti che puntualmente vengono inoltrati ai propri Corrispondenti, attualmente tra i 15 e i 40 a settimana. Nell’app, inoltre, è possibile trovare informazioni sul Gruppo AEC, nonché un utile glossario assicurativo che potrà essere utilizzato dall’utente anche in modalità offline.

Mi preme aggiungere una nota sulla comunicazione. la riflessione che facciamo sui social network e, più in generale sulla tecnologia in AEC, è che quest’ultima ci offre un notevole ventaglio di possibilità, siamo noi poi chiamati a sfruttare quelle più consone al nostro business. Non è la tecnologia in sé, ma è il modo in cui la usiamo ad essere rilevante.

 

Quali consigli da ad un giovane che vuole svolgere questa professione? 

Fare tutte le esperienze necessarie ad individuare quali campi di specializzazione sono più profittevoli. Mi sembra evidente che l’RC Auto è ormai un prodotto in balia dei comparatori e non si può costruire un percorso di sviluppo puntando soltanto su questo prodotto. Attenzione anche al territorio di riferimento. Si deve capire infatti quali nicchie sono presenti o quali sono localmente i settori in cui l’offerta non è ancora satura. Il passo successivo sarà dunque legarsi a organizzazioni che garantiscono economia di scala e soluzioni per tali nicchie.


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